Autismo e disturbi dello spettro autistico: di cosa si tratta?

Autismo e disturbi dello spettro autistico: di cosa si tratta?

19/Gen/2024 | in Salute
Autismo e disturbi dello spettro autistico di cosa si tratta

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo, a carattere permanente, che comporta difficoltà a livello di comunicazione e interazione sociale, e comportamenti limitati e ripetitivi. Sulla base di quanto riportato dal Ministero della Salute, in Italia 1 bambino su 77 presenterebbe sintomi riconducibili a un disturbo dello spettro autistico, con una incidenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, con un rapporto di circa 4:1. Per quanto concerne la situazione mondiale, secondo l’OMS i disturbi dello spettro autistico riguardano all’incirca 1 bambino su 100. Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cosa sono l'autismo e i disturbi dello spettro autistico, quali sono le cause e i sintomi, quali sono le strategie di supporto.

Cos’è l’autismo

L’autismo consiste in un disturbo del neurosviluppo, che interferisce con le capacità di comunicazione e interazione sociale e causa comportamenti limitati e ripetitivi. Dal carattere permanente, l’autismo è una neurodiversità, termine con il quale si vuole descrivere lo sviluppo neurologico atipico del soggetto autistico come una normale variazione naturale del cervello umano. Altri due espressioni importanti quando si parla di autismo sono neuroatipico e neurotipico:
  • la persona con autismo è detta neuroatipica, in quanto avente un profilo neurologico diverso dal consueto;
  • il neurotipico, invece, è il soggetto con un profilo neurologico senza variazioni.

Cosa sono i disturbi del neurosviluppo?

Con insorgenza fin dalla giovane età (appunto l’età dello sviluppo), i disturbi del neurosviluppo sono condizioni derivanti da uno sviluppo cerebrale anomalo, caratterizzate da deficit o disabilità riguardanti la sfera cognitiva, la capacità di comunicazione sociale, il comportamento e/o le abilità motorie. Il grado di severità di un disturbo del neurosviluppo varia da persona a persona: in alcuni individui, i deficit sono decisamente importanti, mentre in altri, anche se con uguale diagnosi, sono meno rilevanti. Oltre all’autismo, rientrano nell’elenco dei disturbi del neurosviluppo:
  • il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD);
  • i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia);
  • le disabilità intellettive;
  • i disturbi della comunicazione;
  • i disturbi del movimento.

Che differenza c'è tra autismo e disturbo dello spettro autistico?

L’ultima edizione del DSM (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) ha ridefinito l’autismo, eliminando anche la vecchia classificazione in tipologie riportata nella versione precedente del manuale. Il testo aggiornato, giunto attualmente alla quinta edizione (DSM-5), non parla più di autismo, ma di disturbi dello spettro autistico per definire una serie di condizioni caratterizzate da difficoltà di comunicazione e interazione sociale, e da comportamenti limitati e ripetitivi. Ciononostante, oggi, nel gergo comune, c’è la tendenza a usare la parola “autismo” e l’espressione “disturbi dello spettro autistico” in modo intercambiabile; sulla base di quanto detto poc’anzi, però, tale abitudine è scorretta, impropria.

Quanti tipi di autismo esistono?

Ricordando che la classificazione dell’autismo in tipologie è ormai obsoleta, la penultima edizione del DSM dedicava una trattazione ai disturbi pervasivi dello sviluppo, i quali comprendevano nello specifico:
  • autismo;
  • sindrome di Asperger;
  • sindrome di Rett;
  • disturbo disintegrativo dell’infanzia;
  • disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato.

Quali sono i livelli di autismo?

Il DSM-5 distingue tre livelli di gravità, sostanzialmente in base a tre parametri:
  • l’intensità dei bisogni di supporto;
  • il grado di compromissione della comunicazione sociale;
  • l’intensità dei comportamenti limitati e ripetitivi.
I tre livelli di gravità dell’autismo sono i seguenti.

Livello 1 (un tempo detto anche ad alto funzionamento)

I soggetti con autismo di livello 1 necessitano di un supporto limitato nell’affrontare situazioni o cambiamenti. In genere, sebbene con alcune difficoltà, sono persone che riescono a iniziare e mantenere conversazioni, e a interpretare i segnali sociali. Potrebbero avere difficoltà nelle interazioni sociali, ma in ogni caso contenute. Potrebbero anche avere comportamenti inflessibili e avere difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti della routine. Il livello 1, insomma, è una forma lieve di autismo.

Livello 2 (un tempo chiamato anche a medio funzionamento)

I soggetti con autismo di livello 2 hanno bisogno di un supporto sostanziale nell’affrontare situazioni e cambiamenti che presenta la quotidianità. Le difficoltà di comunicazione e interazione sociale sono più marcate rispetto alle persone con autismo di livello 1. Potrebbero avere difficoltà marcate nella comunicazione verbale e non verbale, e manifestano comportamenti e interessi limitati e ripetitivi in modo così netto che ne risulta compromessa la vita quotidiana. Nei soggetti con autismo di livello 2 la risposta alle interazioni sociali è ridotta. Il livello 2 è una forma di autismo di gravità intermedia.

Livello 3 (un tempo denominato anche a basso funzionamento)

I soggetti con autismo di livello 3 necessitano di un supporto molto sostanziale nell’affrontare cambiamenti e situazioni della vita quotidiana. Manifestano gravi problemi di comunicazione e interazione sociale e mostrano intensi comportamenti ripetitivi e limitati; tutto questo compromette drasticamente il loro funzionamento quotidiano. Il livello 3 è la forma di autismo più severa.

Quali sono le cause e i fattori di rischio?

Attualmente, le cause precise dell’autismo sono sconosciute. Le ricerche in merito, tuttavia, inducono a pensare che la condizione sia il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali (o non-genetici).

Fattori genetici

L’idea che la genetica abbia un certo ruolo nasce dalla constatazione di una familiarità per l’autismo. La letteratura riporta più di 1000 geni associati all’autismo; tuttavia, molte di queste correlazioni mancano di una solida conferma scientifica. Il problema principale di queste associazioni è che molte delle alterazioni genetiche sospettate sono presenti anche in persone neurotipiche. È proprio per via di queste evidenze che gli esperti ritengono che a indurre l’autismo, oltre alla genetica, serva anche il contributo di specifici fattori ambientali. Tuttavia, occorre anche precisare che, in una porzione esigua di casi di autismo (tra il 2 e il 4%), l’associazione tra i disturbi dello spettro autistico e le mutazioni genetiche/cromosomiche ha solide fondamenta: sono casi di sindromi genetiche, per le quali l’autismo rappresenta a tutti gli effetti un sintomo. Tornando ai geni associati all’autismo, è importante segnalare che si tratta perlopiù di porzioni di DNA che producono proteine implicate nei processi di produzione, crescita e organizzazione dei neuroni o nello sviluppo delle sinapsi cerebrali. Le conoscenze attuali mancano di spiegare esattamente come le variazioni di questi geni favoriscano l’autismo; la teoria più comune, tuttavia, è che alterino in qualche modo il funzionamento delle proteine derivanti e il loro numero a livello cerebrale. In ultimo, vale la pena riportare una serie di studi che ha evidenziato come, nei soggetti con autismo, le anomalie neuronali riguardino i lobi frontale e temporale del cervello; queste sedi cerebrali controllano le emozioni, il comportamento sociale e il linguaggio, ovvero le funzioni e le abilità cognitive compromesse nell’individuo autistico.

Fattori ambientali collegati all’autismo

Per fattore ambientale si intende un qualsiasi fattore, evento o abitudine in grado di condizionare la vita di un individuo, in una certa misura. I fattori ambientali sospettati di favorire l’autismo sono:
  • complicanze durante la gravidanza o alla nascita (gravidanze multiple, parto prematuro, basso peso alla nascita ecc.);
  • età avanzata di uno o entrambi i genitori;
  • gravidanze ravvicinate.
Cosa protegge dall’Autismo? Alcune evidenze suggeriscono che l’integrazione materna di acido folico, durante la gravidanza ma anche prima, abbia un effetto protettivo nei confronti dell’autismo.

I vaccini causano l’autismo?

Numerosi studi scientifici pubblicati anche da fonti autorevoli, come per esempio il CDC (il Centro di Prevenzione e Controllo delle Malattie), hanno dimostrato che non esiste alcun rapporto causa-effetto tra i vaccini tipici dell’età pediatrica e l’insorgenza dell’autismo. In sostanza, i vaccini non causano l’autismo. L’ingrediente vaccinale incriminato era il Thimerosal, una sorta di conservante. I suddetti studi hanno rigettato qualsiasi teoria relativa a una sua capacità di provocare l’autismo nei soggetti riceventi vaccini che lo contenevano. Tra i vari vaccini esistenti, quello che più spesso è stato associato all’insorgenza dell’autismo è la vaccinazione MPR, contro morbillo, orecchioni e rosolia. Le ricerche sopra citate hanno ampiamente dimostrato che non esiste alcun legame causa-effetto tra questo vaccino e l’autismo

A quale età si manifesta l'autismo?

Le prime manifestazioni dell'autismo possono essere osservate già a partire dai 2-3 anni di età. Tuttavia, è importante notare che l'evolversi del quadro clinico e comportamentale dell'autismo diventa più pronunciato nel corso del tempo, manifestando appieno le sue peculiarità durante la fase iniziale della scolarizzazione.

Quali sono i sintomi?

Sebbene con gradi differenti da persona a persona, l’autismo si manifesta con:
  • difficoltà di comunicazione e interazione sociale;
  • comportamenti limitati e ripetitivi.
Molti soggetti autistici presentano anche scarsa coordinazione nei movimenti e goffaggine. Ciascun individuo con diagnosi di autismo è un caso a sé stante, ragion per cui è impossibile descrivere un quadro sintomatologico standard.

Difficoltà di comunicazione e interazione sociale

Le classiche manifestazioni delle difficoltà di comunicazione e interazione sociale sono:
  • ritardo nello sviluppo del linguaggio;
  • frequente ripetizione di un set di parole o frasi;
  • parlare con un tono monotono e uniforme, come se mancasse la capacità di adattarlo alle situazioni in corso;
  • interpretazione alla lettera di qualsiasi cosa sentita e incapacità di riconoscere il tono sarcastico o umoristico di una frase;
  • tendenza a comunicare con singole parole, piuttosto che con frasi;
  • mancata risposta al nome (nonostante non sussistano problemi uditivi);
  • disinteresse o fastidio per i gesti di tenerezza (es: coccole) rivolti da altri;
  • preferenza per isolarsi e giocare da soli;
  • tendenza a rispondere in modo stizzito senza alcun apparente motivo;
  • tendenza a evitare il contatto visivo;
  • mancato utilizzo della mimica facciale per comunicare;
  • mancato piacere in situazioni e contesti solitamente piacevoli per i coetanei (es: feste di compleanno);
  • scarso, se non nullo, interesse verso nuove amicizie;
  • difficoltà nell’esprimere emozioni e nel riconoscerle;
  • tendenza a essere invadenti.
Alcune di queste manifestazioni, tra cui per esempio le problematiche di linguaggio e la tendenza a isolarsi, possono osservarsi già in età prescolare.

Comportamenti limitati e ripetitivi

I classici comportamenti del soggetto autistico sono i seguenti:
  • eseguire movimenti ripetitivi, come per esempio battere le mani o dondolarsi avanti-indietro;
  • impiegare i giocattoli in modo differente rispetto al loro vero scopo;
  • dipendere fortemente da specifiche abitudini, al punto che un eventuale stravolgimento di queste costituisce un vero e proprio dramma;
  • provare intensa attrazione e forte repulsione verso alcuni cibi, a seconda del loro colore o di come sono stati preparati;
  • tendenza del tutto inspiegabile ad annusare giocattoli, oggetti o persone;
  • avere pochi interessi, ma maniacali. I soggetti autistici tendono a sviluppare un’attrazione così forte per certe cose, da dedicarvi gran parte del tempo della loro giornata;
  • sensibilità a luci intense, specifici suoni e/o al contatto fisico (anche se non doloroso);
  • essere in costante movimento.

Autismo e quoziente intellettivo

Dal punto di vista intellettivo, tra le persone con autismo, ci sono essenzialmente due tipologie di individui:
  • individui con un quoziente intellettivo (QI) normale e, talvolta, abilità particolari;
  • individui con un QI inferiore alla media e scarse capacità di apprendimento.
Tutto ciò vuol sottolineare che l’autismo non comporta necessariamente un deficit di quoziente intellettivo.

Autismo e disturbi associati

Come riportato in letteratura, l’autismo è frequentemente associato ad altre condizioni, quali:
  • disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia ecc.);
  • ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività);
  • sindrome di Tourette;
  • epilessia;
  • ansia;
  • disprassia;
  • disturbo ossessivo-compulsivo;
  • depressione;
  • disturbo bipolare;
  • disturbo del sonno;
  • sclerosi tuberosa.
Attualmente, le ragioni alla base di queste associazioni sono ancora sconosciute.

Autismo in età adulta

In età adulta, le problematiche sociali e comportamentali correlate all’autismo possono migliorare, talvolta anche in modo sensibile, oppure rimanere immutate, se non addirittura peggiorare.

Come si diagnostica?

La diagnosi di autismo è lunga e complessa, e prevede una corposa batteria di esami e test valutativi. Per una diagnosi corretta di autismo, inoltre, molto importante è la consultazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) e il confronto tra i criteri diagnostici in esso riportati e quanto raccolto in fase di test. Attualmente, non esiste un test o un esame diagnostico specifico per l’individuazione dell’autismo; ecco perché la diagnosi è lunga e complessa.

Test per l’autismo

In termini di esami e test, la diagnosi di autismo prevede l’esecuzione delle seguenti fasi:
  • raccolta dei sintomi: si basa sull’osservazione, ma anche su quanto riportato dai genitori a riguardo;
  • anamnesi: si tratta di uno studio critico dei sintomi. Prevede domande relative allo stato di salute della persona, alla sua storia clinica passata, ai trattamenti farmacologici in corso e del passato ecc. Permette di capire se i sintomi possono essere riconducibili a un qualche problema di salute non ancora rilevato;
  • esame obiettivo: fornisce ulteriori indicazioni relativamente alla natura della sintomatologia. Per esempio, chiarisce se un sintomo come la mancata risposta al richiamo verbale è dovuto o meno a un disturbo dell’udito non ancora diagnosticato. L’esame obiettivo esplora questo e altri aspetti del genere;
  • analisi del profilo genetico: serve a capire se il soggetto soffre o meno di una qualche malattia genetica in qualche modo connessa alla sintomatologia rilevata. Come detto, esistono patologie genetiche per le quali l’autismo è una conseguenza;
  • test specialistico di valutazione dell’interazione sociale, delle capacità comunicative e del comportamento: per un test affidabile ed esaustivo, è fondamentale il confronto tra chi esegue i vari test e chi segue la persona sotto esame in ambito familiare (i genitori) e a scuola (insegnanti). In questa fase, fondamentale è anche il confronto tra l’esito dei vari test e i criteri diagnostici riportati nel DSM-5 relativamente all’autismo;
  • test specialistico di valutazione dello sviluppo del linguaggio: anche in questo caso, deve seguire il confronto tra l’esito dei test e i criteri diagnostici per l’autismo riportati nel DSM-5;
  • esame neurologico: serve per una valutazione della salute mentale;
  • questionario per i genitori, mirato a chiarire se in famiglia ricorre un qualche disturbo dello spettro autistico.

A quale età si diagnostica l’autismo?

Sebbene le manifestazioni siano evidenti già da prima, solitamente l’età in cui avviene ufficialmente la diagnosi di autismo è tra i 6 e gli 8 anni.

Chi diagnostica l’autismo?

Alla diagnosi di autismo partecipa generalmente un team di professionisti costituito da:
  • psicologi;
  • psichiatri;
  • neurologi;
  • pediatri;
  • esperti in problemi di linguaggio.
Ricordiamo agli iscritti che i Piani sanitari del Fondo Sanimoda prevedono il “Rimborso delle spese sanitarie a seguito di diagnosi di autismo o DSA”. Se, a seguito del percorso a disposizione e delle visite specialistiche presso il SSN, al figlio minorenne vengono diagnosticati uno o più Disturbi Specifici dell’Apprendimento o autismo, oltre al massimale per le visite specialistiche Sanimoda mette a disposizione un altro importo per far fronte alle spese sostenute, rimborsate secondo i limiti previsti per le coperture “Visite specialistiche e visite omeopatiche” e “Accertamenti diagnostici ed esami di laboratorio”. Per tutti i dettagli, invitiamo a consultare la guida al Piano Sanitario, qui.

Come curare i disturbi dello spettro autistico

Come spiegato, l’autismo è una neurodiversità permanente, questo significa che non esiste un trattamento in grado di eliminare le difficoltà di interazione sociale e quelle comportamentali tipiche del soggetto autistico. Il soggetto con autismo, tuttavia, può trarre enormi benefici dal ricorso di strategie e interventi di supporto, il cui scopo è minimizzare le difficoltà e massimizzare i punti di forza dell’individuo, così che sia in grado di calarsi a modo suo in un contesto sociale. Ovviamente, la probabilità di successo di queste strategie e di questi interventi è tanto maggiore quanto più è elevato il livello di funzionalità dell’autismo. Infine, occorre sottolineare anche l’importanza della tempestività dell’intervento di supporto: prima si adottano le strategie necessarie e più facile sarà osservare dei miglioramenti.

Quali sono le strategie e gli interventi di supporto?

Le strategie e gli interventi di supporto per la persona autistica comprendono:
  • terapia cognitivo-comportamentale: si tratta di una forma di psicoterapia, finalizzata a insegnare al soggetto come riconoscere e dominare i comportamenti problematici (in gergo specialistico, sono detti anche disattivi). Una terapia cognitivo-comportamentale personalizzata permette alla persona di limitare i problemi comportamentali (es: modera le fissazioni) e di imparare nuove capacità comunicative;
  • terapia logopedica e analisi comportamentale applicata: includono interventi mirati a migliorare le capacità di comunicazione, le abilità sociali e il comportamento in diversi contesti (famiglia, scuola, lavoro ecc.);
  • terapia familiare: è una forma di psicoterapia che coinvolge il soggetto autistico e tutta la sua famiglia. Brevemente, si fonda sull’idea che genitori, fratelli e altri parenti stretti giochino un ruolo fondamentale nell’aiutare il proprio caro durante il percorso di supporto. Perché la terapia riesca nel suo intento, è indispensabile che i familiari imparino a conoscere l’autismo in tutte le sue sfaccettature;
  • fisioterapia e terapia occupazionale: trovano impiego nei soggetti con deficit motori e coordinativi;
  • Early Start Denver Model: si fonda sui concetti dell’analisi comportamentale applicata e ha i medesimi scopi; la differenza è che è mirata ai soggetti di età compresa tra i 12 e i 24 mesi che hanno già dimostrato qualche segnale anomalo riconducibile all’autismo. Nella pratica, prevede l’utilizzo del gioco per costruire relazioni positive e divertenti, che stimolano e potenziano le competenze linguistiche, sociali e cognitive;
  • comportamento verbale. Serve per migliorare la comunicazione e il linguaggio. Vuole insegnare al soggetto autistico che le parole possono aiutarlo a ottenere oggetti e risultati;
  • intervento per lo sviluppo relazionale: si tratta di un intervento che coinvolge i familiari, i quali diventano una sorta di terapisti. Lo scopo della strategia di supporto è rinforzare le abilità sociali ed emotive, attraverso anche la condivisione di esperienze con altre persone.
Sarà compito del team di professionisti coinvolti nella diagnosi e nella cura del paziente autistico a stabilire come procedere.

Autore: Redazione Sanimoda