L’amniocentesi è un esame diagnostico prenatale che consente di stabilire se il feto presenta malattie genetiche, alterazioni cromosomiche o altre anomalie congenite.
Dal punto di vista procedurale, l’amniocentesi prevede il prelievo di una quota di liquido amniotico tramite un ago introdotto a livello addominale e l’analisi genetica delle cellule fetali in esso contenute.
Si tratta di un esame invasivo che presenta un rischio di aborto pari a circa l’1%, ragion per cui trova impiego soltanto quando ragionevole pensare che il feto potrebbe presentare una qualche anomalia (es: le ecografia prenatali o i test probabilistici bitest e tritest forniscono dati sospetti).
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cos’è l’amniocentesi, a cosa serve, a chi è consigliata, come si esegue, quali rischi comporta e quanto è attendibile.
Cos’è l’amniocentesi?
Di cosa parliamo in questo articolo
- Cos’è l’amniocentesi?
- Chi deve fare l’amniocentesi?
- A cosa serve l’amniocentesi?
- Quando si fa l’amniocentesi?
- Come prepararsi all’amniocentesi?
- Come si esegue l’amniocentesi?
- L’amniocentesi fa male?
- Quanto dura l’amniocentesi?
- Cosa fare subito dopo l’amniocentesi?
- Quali sono i rischi dell’amniocentesi?
- Quando sono pronti i risultati dell’amniocentesi e quanto è accurata?
L’amniocentesi è un test diagnostico prenatale (cioè che si esegue prima della nascita), che permette di individuare malattie genetiche, alterazioni cromosomiche e altre anomalie congenite nel feto.
Per fare ciò, prevede il prelievo di una quota di liquido amniotico e l’analisi in laboratorio delle cellule fetali in esso contenute, cellule che contengono informazioni genetiche fondamentali ai fini diagnostici.
L’amniocentesi è un test che fornisce preziose informazioni in merito alla salute fetale: consente di stabilire, infatti, se il feto è sano oppure no. Ciononostante, trova impiego soltanto in specifiche situazioni, in quanto, seppur raramente, può avere importanti effetti collaterali.
Chi deve fare l’amniocentesi?
Abbiamo spiegato che l’amniocentesi è un esame invasivo, per questo i medici ne raccomandano l’esecuzione solo in determinate condizioni, ad esempio:
- quando le ecografie prenatali hanno individuato anomalie fetali che vanno investigate in modo più specifico;
- se i test di screening prenatale, come il bitest e il tritest, hanno fornito risultati sospetti, che mettono in dubbio la salute del feto (si ricorda che bitest e tritest sono esami probabilistici e non diagnostici);
- quando è documentata una predisposizione genetica in famiglia per patologie genetiche come, per esempio, la fibrosi cistica o l’anemia a cellule falciformi;
- quando almeno uno dei due genitori sa di essere portatore sano per patologie genetiche;
- se la gestante ha più di 35-40 anni, in quanto, a partire da questa età della madre, il feto incontra maggiori probabilità di sviluppare anomalie congenite.
Occorre precisare che l’amniocentesi non è un test obbligatorio, anche se sussistono una o più indicazioni. La gestante è libera di scegliere se fare o meno l’esame dopo che il medico le ha esposto rischi e benefici della procedura.
A cosa serve l’amniocentesi?
L’amniocentesi è un test prenatale che serve a identificare nel feto le seguenti condizioni:
- alterazioni cromosomiche, ovvero condizioni caratterizzate da un numero alterato di cromosomi. L’alterazione cromosomica più nota e diffusa è la sindrome di Down (o trisomia 21), una patologia contraddistinta dalla presenza di un ulteriore cromosoma 21;
- malattie genetiche, cioè condizioni contrassegnate da mutazioni o delezioni patologiche di tratti del DNA. Esempio di comune malattia genetica rilevata mediante amniocentesi è la sindrome di Tay-Sachs, una condizione che, dapprima, danneggia e, poi, causa la morte dei neuroni cerebrali e del midollo spinale;
- difetti congeniti, conseguenti a un errore dello sviluppo fetale. I difetti congeniti più diffusi sono i cosiddetti difetti del tubo neurale, di cui fanno parte la spina bifida e l’anencefalia.
L’amniocentesi, inoltre, può trovare impiego come test atto a valutare:
- sviluppo polmonare fetale: l’analisi dello sviluppo polmonare fetale è indicata e importante quando, per motivi di sicurezza, la gestante deve partorire prima del termine della gravidanza, in una fase in cui lo sviluppo di organi come i polmoni non è ancora del tutto completo;
- la presenza della malattia emolitica del feto e del neonato: si tratta di una condizione grave, responsabile di anemia fetale, che si verifica quando c’è un’incompatibilità di gruppo sanguigno tra madre e feto. Tale incompatibilità, infatti, comporta l’aggressione e la distruzione delle cellule ematiche fetali per opera degli anticorpi materni.
Infine, l’amniocentesi può rappresentare un’opzione di trattamento del polidramnios, termine con il quale si identifica l’eccessiva presenza di liquido amniotico all’interno dell’utero; attraverso l’esame, il ginecologo interventista provvede a ridurre il liquido in eccesso.
Quando si fa l’amniocentesi?
Se sussiste la necessità di eseguirla, l’amniocentesi si fa generalmente nel corso del secondo trimestre di gestazione, tra la 15esima e la 20esima settimana.
In circostanze particolari, potrebbe essere svolta anche più tardi; questo potrebbe accadere, per esempio, se c’è bisogno di valutare lo sviluppo polmonare fetale o se bisogna trattare una condizione come il polidramnios.
Ricorrere all’amniocentesi prima della 15esima settimana di gestazione è rischioso e aumenta le probabilità di aborto.
Come prepararsi all’amniocentesi?
L’amniocentesi non richiede particolari restrizioni e accortezze relativamente a dieta e attività fisica prima dell’esame; non è necessario, quindi, presentarsi a digiuno.
Per contro, il ricorso all’amniocentesi potrebbe imporre la sospensione temporanea di eventuali terapie farmacologiche controindicate; alla luce di ciò, è molto importante che la paziente, prima dell’amniocentesi, informi il ginecologo di riferimento per l’esame di tutti gli eventuali trattamenti in corso.
Al momento della prescrizione dell’esame, o al primo momento utile, è consigliabile che la paziente rivolga al ginecologo di riferimento qualsiasi domanda relativa alla procedura di amniocentesi, in modo da sapere tutto ciò che serve e che conta in merito al test.
Domande utili potrebbero essere le seguenti:
- Quando e perché è consigliata l’amniocentesi?
- Quali sono i rischi per il feto e per la madre?
- Come prepararsi al meglio per l’esame?
- Dopo quanto tempo sono pronti i risultati?
Come si esegue l’amniocentesi?
L’esecuzione dell’amniocentesi spetta a un medico ginecologo.
Il primo passaggio della procedura è mettere a suo agio la paziente e farla stendere a pancia in su, con la pancia in vista, su un lettino apposito.
Dopodiché, l’esame prevede nel seguente ordine:
- pulizia di una piccola area della pancia con un antisettico. Quest’area rappresenterà la sede in cui il medico introdurrà l’ago per il prelievo;
- applicazione, sempre sulla pancia, del gel per l’ecografia, e inizio dell’esame ecografico, al fine di individuare il feto e la sua posizione nonché monitorare il battito cardiaco e le sue eventuali alterazioni durante il resto della procedura;
- introduzione in addome e poi in utero di un ago con punta sottile collegato a una siringa. Grazie alle immagini ecografiche, il medico riesce a evitare il feto e a non pungerlo;
- rimozione per mezzo della siringa di una quota di liquido amniotico;
- rimozione dell’ago.
Una volta conclusa la procedura di prelievo, il medico che ha eseguito l’esame provvede a inviare il liquido amniotico in laboratorio, per lo svolgimento degli esami sulle cellule fetali in esso contenuto.
Gli esami di laboratorio post-amniocentesi prevedono la separazione del liquido amniotico dalle cellule fetali e la successiva analisi genetica-cromosomica di queste ultime dopo aver atteso qualche giorno per la loro crescita in coltura.
Si segnala un inconveniente di natura tecnica che potrebbe rendere vano l’esame: seppur raramente, infatti, è possibile che il prelievo di liquido amniotico sia insufficiente a stilare un’analisi di laboratorio approfondita e attendibile.
L’amniocentesi fa male?
L’amniocentesi è pressoché indolore; a confermarlo è anche il fatto che non richiede anestesia.
La paziente potrebbe avvertire soltanto un piccolo fastidio, simile a quello di un prelievo di sangue, nel momento in cui il medico inserisce l’ago per il campionamento del liquido amniotico; inoltre, potrebbe sperimentare crampi analoghi a quelli mestruali, la cui durata però non va oltre le poche ore successive alla procedura.
Quanto dura l’amniocentesi?
L’intera procedura di amniocentesi, ovvero dalla preparazione della paziente alla rimozione dell’ago, dura circa 30 minuti.
Il solo campionamento del liquido amniotico, però, ha una durata complessiva di qualche minuto.
Cosa fare subito dopo l’amniocentesi?
Dopo un’amniocentesi è buona norma stare a riposo per il resto della giornata ed evitare sforzi fisici e rapporti sessuali per 2-3 giorni.
Il ritorno alla normale routine deve avvenire dopo il dovuto riposo.
Quali sono i rischi dell’amniocentesi?
L’amniocentesi è un esame che, nella maggior parte dei casi, procede senza intoppi e senza conseguenze successive.
Tuttavia, presenta dei rischi, alcuni anche molto gravi per feto e gestante.
Ecco, di seguito, i possibili effetti indesiderati e le possibili complicanze dell’amniocentesi:
- crampi;
- sanguinamento vaginale (spotting);
- perdita di liquido amniotico;
- infezioni uterine;
- parto prematuro;
- aborto.
L’aborto dopo amniocentesi potrebbe verificarsi se l’ago impiegato per l’esame produce un danno irreparabile alle membrane amniotiche o al sacco amniotico o se è responsabile un’infezione uterina latente. Il motivo per cui, a volte, il prelievo con ago ha questo sfortunato effetto non è ancora stato compreso del tutto.
Il rischio di aborto in caso di amniocentesi si aggira attorno all’1%, valore che deve sommarsi agli altri fattori di rischio per il medesimo triste evento.
Quando sono pronti i risultati dell’amniocentesi e quanto è accurata?
I primi risultati dell’amniocentesi potrebbero essere disponibili già dopo pochi giorni; altre indagini genetiche e cromosomiche, tuttavia, richiedono più tempo.
Ecco, quindi, che, in linea generale, una paziente riceverà l’esito completo dell’esame in un arco temporale di 15 giorni circa.
Se l’amniocentesi è risultata positiva per una qualche patologia genetica o cromosomica o per qualche difetto congenito, è fortemente consigliato un consulenza genetica presso un specialista.
Nonostante sia un esame che permette di accertare o escludere la presenza di difetti congeniti o malattie genetiche o cromosomiche, non fornisce alcuna informazione relativa alla gravità delle eventuali anomalie riscontrate.
Detto questo, l’amniocentesi è estremamente affidabile dal punto di vista della bontà dei risultati: presenta, infatti, un’attendibilità del 99% per quanto concerne l’esclusione o l’accertamento di patologie genetiche o cromosomiche e altri difetti congeniti.
Ricordiamo agli iscritti al Fondo Sanimoda che i Piani Sanitari prevedono la copertura delle spese sostenute per sottoporsi a una amniocentesi, nell’ambito del Pacchetto Maternità. Per tutti i dettagli, consigliamo di consultare il nostro sito web, qui.